Alla scoperta della felicità

“Felicità”. Bella parola vero? Eppure è una parola antichissima, figurati che trae le sue origini dal latino felicitas, diretta derivazione di felix-icis che significa abbondanza, prosperità. Felicità è quindi, almeno letteralmente, un’emozione positiva di chi soddisfa i propri desideri e vive così in prosperità (vd. ricchezza). Questa era la visione latina, i Greci avevano però una visione leggermente differente che fa subito intendere la differenza filosofica tra queste due grandi culture: per loro “felicità” è eudaimonìa, riporre nella felicità il bene e inseguirlo come scopo della vita umana; da qui la dottrina dell’eudemonismo.

Oggi, come avrai capito, affrontiamo un argomento un po’ particolare: tutti sanno cosa è anche se allo stesso tempo ti daranno una definizione diversa. Che cos’è quindi la felicità? Come dicevo all’inizio, la definizione più accettata è questa: stato d’animo di chi ritiene appagati e soddisfatti i propri desideri. Io però non voglio fermarmi a questa definizione letterale, cercherò quindi di approfondire ciò che riguarda la felicità vissuta in modo tangibile dall’individuo; la felicità vissuta come sentimento positivo a livello prettamente personale. Adesso arriviamo alla domanda cardine: cosa è per te la felicità?

A scuola mi chiesero cosa sarei voluto diventare da grande, risposi “felice”. Mi dissero che non avevo capito l’esercizio e io dissi loro che non avevano capito la vita.

john lennon

Vedi, per me “felicità” significa avere la libertà di essere sempre se stessi, senza doversi mai preoccupare di niente e di nessuno. Questa però è la mia definizione di felicità, c’è invece chi sostiene che la felicità risieda nel denaro e chi nei valori della famiglia. C’è persino chi pensa che la felicità risieda nella fede e chi ebbene pensa che risieda in un mix di tutto. Ora dirai <<chi ha ragione?>>. Bella domanda.

Bella domanda perché ogni singola persona sulla faccia della terra ti darà una risposta diversa, a volte radicalmente diversa. Ci sono persone che passano la propria intera vita ad inseguire una felicità che non raggiungeranno mai, ci sono poi quelle che invece la incontrano subito ed ancora ci sono quelle che pensano di essere felici nella loro infelicità. Ci sono persone che vivono la felicità come un qualcosa di lontano ed irraggiungibile, quasi come se la felicità fosse solo un sogno e non un qualcosa di tangibile e reale. Tutto questo ovviamente dipende da una miriade di fattori diversi e spesso lontani anni luce fra di loro: sono i fattori socio-economici, quelli geografici, quelli religiosi e quelli culturali. E’ infatti relativa la felicità se domandiamo il suo significato ad un campione di persone provenienti da diverse aree del pianeta, cresciute in modi sicuramente diversi con diversi credi e diversi mezzi economici. Prendiamo ad esempio un ragazzo del Ciad, se proviamo a chiedergli cosa sia per lui la felicità probabilmente risponderà <<avere una fonte di sostentamento sicura e duratura per me e la mia famiglia”>>; se poniamo la stessa domanda ad un ragazzo occidentale ti risponderà invece, con molte probabilità, che felicità è avere tanti soldi da non doversi preoccupare mai più. Stessa cosa se poniamo questa fatidica domanda ad un ragazzo Afghano, la risposta sarà ancora diversa: è possibile che ti risponda che la felicità sia credere ciecamente nel suo Dio Misericordioso; però c’è anche la possibilità che ti dica che per lui felicità significa vivere in pace e non in guerra.

La felicità non è quindi qualcosa di oggettivo: nessuno la vede in modo uguale e, soprattutto, nessuno la vive nello stesso modo.


Nicolò Ibba ®


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